Giuseppe Sorbiatti inizia il suo apprendistato di cuoco in Francia, a Marsiglia presso l’Hôtel d’Italie e a Nizza al Grand Hôtel Mediterranée e all’Hôtel d’Angleterre.
Al rientro in Italia consolida importanti esperienze itineranti prima presso strutture alberghiere di prestigio, come l’Hôtel Danieli di Venezia, poi al servizio di alcune delle famiglie più importanti di Milano e della Lombardia.
Nel 1847 è cuoco presso il conte Ippolito Gerbaix de Sonnaz, governatore della provincia di Novara. È poi a Brescia in casa dei conti Bortolo, Ippolito e Gerolamo Fenaroli e a Milano in casa del conte Vivaldi Pasqua, in casa Turina, dal duca Scotti e dal duca Rodolfo Ricotti d’Ancona.
Nel 1859 presta il suo servizio nella cucina di Napoleone III.
L’8 gennaio 1860 per conto del Generale Cialdini organizza il buffet della serata danzante per 2500 persone offerta dal generale alla città di Brescia, a Palazzo Martinengo, quale ringraziamento per l’assistenza ai feriti della battaglia di Solferino e San Martino.
Nel 1863 è a capo dello staff di cucina del prestigioso “Grand Hôtel et de Milan” inaugurato quell’anno e divenuto ben presto uno dei santuari della buona tavola ambrosiana.
Nel 1878 presta servizio nella cucina dei Reali d’Italia.
Nel 1870 viene dato alle stampe a Milano “La gastronomia moderna” che compendia il meglio dell’esperienza gastronomica di Sorbiatti non solo come cuoco ma anche come straordinario organizzatore di banchetti. Il titolo completo del volume, secondo le usanze editoriali del tempo, è “La gastronomia moderna. Istruzione elementare pratica della cucina, pasticcieria, confettureria e credenza ornata di più disegni intercalati nel testo di Giuseppe Sorbiatti, già capo cuciniere e pasticciere in casa Fenaroli ed attualmente in casa Turina”.
Il libro contiene, tra l’altro, la prima vera pubblicazione di una ricetta delle Costolette alla Milanese.
Le ricette: marzapanetti al laccio d’amore – vitello tonnato marmorizzato
1. marzapanetti al laccio d’amore
Scottate nell’acqua e sbucciate due ettogrammi di mandorle dolci, ponetele in acqua fresca e asciugatele in seguito, pestatele nel mortaio e aggiungete un decilitro di acqua d’arancio. Posto poi in una casseruola da credenza sul fuoco con due ettogrammi di zuccaro in polvere e un quintino d’acqua e fatelo cuocere, levate dal fuoco immergetevi le mandorle mescolando continuamente con la spatola finche’ il tutto siasi ridotto in pasta maneggevole; posta poi su carta bianca spolverizzata di zuccaro al velo col matterello appianate la pasta spessa 2 millimetri, fate delle liste colle quali formate un 8 della lunghezza di 4 centimetri circa; poneteli su una lastra di rame sopra fogli di carta e cuoceteli a calor perduto.
La ricetta è tratta dal testo originale de “La gastronomia moderna”.
2. Vitello tonnato marmorizzato (veau au gofit du thon marbrè)
Nel trattato di Sorbiatti le ricette vengono “francesizzate” probabilmente per dare ad esse un’impronta di maggior prestigio e internazionalità.
Si tratta di una ricetta in cui la carne è trattata “ad uso di tonno” ma in cui il tonno è assente del tutto. Una ricetta simile è stata dettata anche da Luraschi.
“Prendete un chilogrammo circa di coscia di vitello, sopprimete le pellicine, tagliatela a fette grosse e battetele rotonde come si fa con le costoline, indi pulite 6 alici (anchois) rinettatele delle scaglie. Disponete sul fondo di una piccola cazzeruola tre sottili fette di lardo, adagiatevi allargata una bella fetta di vitello e mettetevi sopra due filetti di acciuga e uno scrupolo di sale e così di seguito fino all’ultima.
Ponetevi sopra un pochino d’olio fino, tre chiodi di garofano e la polpa di un bel mezzo limone, coprite un disco di carta e ponetevi sopra un’assetta sottile o altro che entri liberamente nella casseruola, appoggiandovi su di essa un piccolo peso.
Fatela cuocere attorniata di cenere braciata per tre ore consecutive, indi sciolti dagli oggetti di cui è coperta la carne, levatene l’unto e rovesciatela sulla tavola, sopprimete il limone e il lardo, ponetele in un vaso asciutto ripieno d’olio, servendole come il precedente. Questa composizione, tenendola in luogo fresco, si conserva per 15 o 20 giorni”.
La ricetta è tratta dal testo originale de “La gastronomia moderna”