Ippolito Cavalcanti (1787 – 1859)

mangia-maccheroni

Ippolito Cavalcanti (discendente diretto di quell’altro Cavalcanti, Guido, amico di Dante e poeta del Dolce Stil Novo) è l’autore del trattato  “Cucina teorico pratica”.
Ippolito nasce (e nasce bene!) ad Afragola il 2 settembre del 1787 da un Guido Cavalcanti (quarto duca di Buonvicino) e dalla sua seconda moglie, Anna Capparelli. Nel 1810 sposa Angela Como dei duchi di Casalnuovo e baroni di Santo Stefano Molise. Con il cognato Giuseppe Como, barone di Santo Stefano, Ippolito Cavalcanti fece parte degli eletti di Napoli, una ristretta cerchia di nobili che collaboravano al governo della città.
Il suo trattato viene pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1837. Era suddiviso in due parti:  la prima sezione (redatta in lingua italiana) era dedicata alla nobiltà e ai ricchi borghesi; la seconda era scritta in dialetto napoletano per il popolo e la borghesia che usava il dialetto quale linguaggio quotidiano.
Ippolito, oltre alle varie ricette, aggiunse in dialetto napoletano anche dei piatti per le ricorrenze importanti dell’anno (Natale, Capodanno, Pasqua, ecc.).
Il Cavalcanti ha lasciato, con il suo trattato, una traccia indelebile nella cucina italiana moderna e in quella napoletana in particolare, che ha saputo fotografare magistralmente. Per esempio nel Trattato si descrive, qualcuno sostiene per la prima volta, la diffusissima pasta al pomodoro (si tratta di vermicelli, sul punto vedi anche Leonardi). Molte altre sono le ricette presenti in quest’opera nelle quali sono riconoscibili alcuni tra i più diffusi piatti della moderna cucina napoletana (uno tra tutti la pizza fritta, “mangi oggi e paghi tra otto giorni” gridava la splendida Sofia Loren ne l’Oro di Napoli di De Sica).
La ricetta: Frittata di scammaro
(“scammarare” è il contrario di “cammarare” antico napoletano che significa “mangiar di grasso”).
“Scaura tre rotole de vermicielle, ma teniente, teniente, li scule e li buote dinto a no tiano co tre mesurielle d’uoglio zoffritto, co miezo quarto d’alice salate, e pepe, quanno l’aje mbrogliate e asciuttate, ne miette na mità dinto a la tiella e nge miette na mbottonatura d’aulive senza l’osso,de chiapparielle, d’alice salate a meza a meza, passe e pignuole, nge miette l’auta mmità de li vermicielle e nge farraje fa la scorza sott’e ncoppa, facennola friere co la nzogna o co l’uoglio. “
Ingredienti:
– 500 g di spaghetti
– spicchi di aglio
– 150 g di olio extra vergine di oliva
– 50 g di capperi dissalati
– 100 g di olive di Gaeta snocciolate
– un pizzico di peperoncino
– prezzemolo e sale
Nella ricetta originale del Cavalcanti sono anche aggiunti  50 g di uva passa e 50 di pinoli.
Esecuzione:
In una capiente padella dorate gli spicchi d’aglio nell’olio ed una volta che questi si son rosolati eliminateli e versate i capperi, le olive ed un pizzico di peperoncino, abbassate la fiamma e fate amalgamare dolcemente per pochi minuti gli ingredienti fra di loro aggiungendo un po’ d’acqua acqua della pasta, regolate di sale e, a fiamma spenta, aggiungete una manciata di prezzemolo tritato. Cuocete gli spaghetti ben al dente e versateli in padella facendoli insaporire qualche minuto a fiamma vivace con la salsetta.
Cuocete la frittata a fuoco dolce facendola dorare sui due lati e anche sui bordi, inclinando la padella sul fuoco e facendola ruotare man mano che si forma la crosticina dorata, rivoltatela servendovi di un coperchio, poi fatela scivolare nuovamente nella vostra padella dopo avervi fatto riscaldare un po’ d’olio e fate cuocere e imbiondire come la prima anche la seconda facciata.
Una volta cotta trasferite la frittata su un piatto ed attendete che sia tiepida per poterla tagliare. Il risultato sarà una frittata dalla spiccata e piacevole croccantezza esterna e dalla sorprendente morbidezza interna, per niente secca e con un gusto deciso e ricco di sapore.
Servite immediatamente.
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