Ma che ci vuole a farti due fili di pasta?

Mauro Leonardi
Mauro Leonardi

Se, come Massimo – il protagonista di “Mantovani” – non hai voglia di cucinare, ecco la ricetta palermitana di una delle salse più semplici da prepararsi per condire un bel piatto di pasta, senza più scuse (“che ci vuole a farti due fili di pasta”, ripete Claudia).

Il libro

Mantovani”, di Mauro Leonardi, Yorick Editore

La trama

Massimo è un manager appartenente alla buona borghesia palermitana il quale, quasi sessantenne, avverte intorno a sé la calma piatta di una crisi esistenziale che investe sia il suo ruolo professionale, dove soffre il confronto con un collega sufficientemente giovane e cinico da farlo sentire inadeguato, sia la sua dimensione familiare, priva ormai di passione per Claudia, compagna disincantata e autosufficiente, e di reale interesse per i figli incompresi e incomprensibilmente sfuggenti.

Le note dell’orchestra Mantovani, che giungono a lui attraverso l’aria calda di un pomeriggio di luglio, sono l’occasione per conoscere un vicino di casa mai notato prima, il signor Ribaudo.  “Fisico segaligno, più vicino agli ottanta che ai settanta, è certamente stato ai suoi tempi un bell’uomo, alto e magro, adesso un po’ curvo. Pantaloni e camicia bianchi, cappello di paglia chiaro e scarpe un po’ demodè, di quelle bicolori, tela e cuoio estive”. Ribaudo, per la sua curiosa somiglianza con Sir Alec Guinness de “Il Ponte sul fiume Kwai”, viene subito ribattezzato “il Colonnello”.

Personaggio solitario e discreto, il Colonnello scioglie pian piano il gelo della sua riservatezza e lascia fluire, nel corso d’incontri occasionali con Massimo, il racconto pacato dei suoi ricordi e, in particolare, di un amore profondo, mal corrisposto e mai dimenticato. E’ un fiume carsico, quello del Colonnello, intriso di una profonda nostalgia per quello che avrebbe potuto essere e di rammarico per quel che non è stato, nelle cui acque calme e profonde Massimo trova rifugio, intrecciando con quelli del Colonnello i propri ricordi di amori vissuti con lancinante intensità ma ormai dissolti in una pacifica normalità quotidiana.

In questo romanzo Mauro Leonardi affronta il tema della vecchiaia incombente ritraendola come una stagione della vita capace di sorprenderci con l’improvvisa cognizione che quelli che erano sembrati tormenti giovanili rappresentano, invece, l’essenza stessa di una felicità piena e inconsapevole. 

Da non leggersi prima dei sessant’anni.

La ricetta: pasta a “picchiu pacchiu” (ovvero “a carrittera”) [1]

spaghetti-alla-carrettiera

Oltre che per la pasta, in Sicilia questa salsa viene utilizzata anche per arricchire le minestre, come ad esempio la pasta con i “tenerumi”, quella con le borragini e la pasta con patate zucchine e pomodoro.

Ingredienti (per 6 persone)
600 gr. di pasta (sembra più indicata quella corta)
1 kg. di pomodori ramati maturi
350 gr. di passata di pomodoro
½ cipolla
1 spicchio d’aglio
peperoncino a piacere
foglie di basilico a piacere
pecorino a piacere
olio extra vergine di oliva q.b.
sale q.b.
pepe q.b.

Preparazione
Lavate e private i pomodori della buccia, quindi lasciateli in immersione nell’acqua bollente per qualche minuto, rinvenendoli poi dall’acqua. Tagliateli a metà e rimuovetene i semi dall’interno, lasciandoli capovolti in modo da togliere l’acqua in eccesso.

In una padella fate soffriggere la cipolla, mondata e tagliata a fette sottili, insieme all’olio. Quando la cipolla sarà giunta a doratura, aggiungete i pomodori, tagliati a pezzetti consistenti, quindi arricchite con i semi di qualche peperoncino e lo spicchio d’aglio, possibilmente lasciato intero.

Fate cuocere per qualche minuto, lasciando che il tutto prenda sapore, aggiungendo anche la passata di pomodoro.

Intanto cuocete la pasta  in acqua bollente salata. Quando la pasta sarà al dente scolatela e versatela nella padella dove avete precedentemente ultimato la preparazione del sugo (togliete prima l’aglio). Mantecate il tutto, in modo da amalgamare il sugo alla pasta in modo uniforme. Infine, ponete nel piatto di portata, grattugiate il pecorino e il pepe nero e impreziosite il tutto con foglie di basilico fresco.

[1] Se vi state chiedendo che significa “picchiu pacchiu” La risposta è: niente. Probabilmente, come il “pil pil” della cucina catalana, è solo una voce onomatopeica che, in questo caso,  descrive la rapidità e la facilità di preparazione della salsa (il pil pil, invece, evoca  il flebile ribollire dell’olio nel tegame). A qualche allegro buontempone piace ricordare  che il termine “pacchiu” per i siciliani indica il sesso femminile. Come dire una pasta buona ed eccitante come quella cosa lì. Ma non ci sentiamo di avallare tale spiegazione ne, tanto meno, di spacciare la pasta a “picchiu pacchiu” come una ricetta afrodisiaca. Più facile è spiegare il nome alternativo “a carrittera” (alla carrettiera), i carrettieri essendo gente di poco tempo e scarsa attrezzatura culinaria (ma di robusto appetito). La salsa, infatti, per la velocità e la semplicità  di preparazione si presta ad essere cucinata tra un viaggio e l’altro all’ombra del carretto, su un fuoco improvvisato.
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