Vessillo dell’irredentismo e “distributore” di passaporti falsi dopo la tragedia di Sarajevo, per strappare patrioti antiaustriaci all’esercito austro-ungarico, venne devastato nel maggio 1915 dalla polizia austriaca. Riaperto nel 1919, restaurato dopo la seconda guerra e nel 1997, è un superbo esempio di stile Secessione viennese, con bancone intarsiato, tavolini marmo e ghisa, specchiere e opere dei pittori Cozzi, Barison, Flumiani, Cambon e Marussig. Lo frequentarono Stuparich, Slataper, Svevo, Saba, Joyce, Voghera. Gli scrittori Magris e Vinci gli hanno dedicato opere e spesso lavorano qui. Oggi anche libreria.